20/06/2019

Lo faccio dopo: quante volte ci siamo ritrovati a ripeterlo? A volte a ragione, a volte perché semplicemente stiamo procrastinando un’azione che, in realtà, non vorremmo fare. Prima o poi ci caschiamo tutti. Non è un sintomo raro o particolarmente allarmante, ma un modo per proteggerci dal confronto quando le aspettative e il rischio di fallimento sono alti. La giustificazione principale è legata al contesto: ci convinciamo, e convinciamo gli altri, che per compiere con successo quella determinata azione sia necessario che si avverino contemporaneamente svariati elementi. Avere il tempo di farlo, la concentrazione giusta o la giornata sgombra da impegni, parenti, incombenze quotidiane. A volte, un mix altamente improbabile, se non impossibile.

Chi tifa Twain
Anche se Benjamin Franklin raccomandava di «non fare domani quello che puoi fare oggi», gli eterni indecisi preferiscono appellarsi alla variante sul tema coniata dall’umorista Mark Twain, secondo il quale non bisogna «rimandare a domani quello che si può fare dopodomani». E così, di rinvio in rinvio, ciò che sulle prime sembra essere un senso di liberazione («cascasse il mondo, domani mi ci metto»), si trasforma in senso di colpa, in frustrazione. Perché ci sono anche tanti modi per rimandare: non cominciare del tutto, cominciare ma perdersi in dettagli inutili, perdendo di vista il traguardo finale, lasciarsi distrarre alla prima occasione dopo avere cominciato.

Campioni di rimando
Per assurdo, sono proprio i perfezionisti quelli che rimandano più frequentemente. In tutti i campi: lavoro, salute, impegni domestici e burocratici. Alcuni hanno semplicemente bisogno della giusta scossa d’adrenalina per raggiungere il risultato. Altri temono di non essere all’altezza, o peggio, di scoprire un esito negativo soprattutto quando si tratta di impegni legati alla salute (è un classico, infatti, rimandare le analisi mediche di routine o il controllo dal dentista). Un altro classico sono i lavori di manutenzione straordinaria della nostra casa: il riordino delle librerie, lo sgombero della cantina, la tinteggiatura delle pareti, l’impianto elettrico vetusto, il terrazzo da rifare…

Superare l’impasse in sei tappe

1 Prima di tutto, prendete atto che lo state facendo: rimandate senza motivo.

2 Calcolate i vantaggi e gli svantaggi: se agirete più tardi, i benefici saranno maggiori?

3 La risposta è no? Significa che è tempo di agire. Prendete carta e penna e fate un elenco ragionato dei passaggi che vi porteranno al compimento dell’azione (es: dovete realizzare un progetto, lavorativo o familiare? Quale materiale vi occorre? Chi dovete chiamare? Dove dovete andare e in che orari? Quali sono i giorni della settimana che potete dedicare a questo progetto?)

4  Chiedete la collaborazione di qualcuno: coinvolgere un’altra persona serve a rendere conto del nostro ritardo e ci sprona a stare nei tempi.

5 Programmate un premio per la missione compiuta: un massaggio, un weekend di relax, una cena nel ristorante preferito.

6 Tagliate i ponti, bruciate le navi, buttate la chiave… Chiamatelo come volete, il concetto è chiaro: adottate una strategia di non ritorno, in modo che l’unica via di uscita sia l’azione. Fatelo ora, non avete scuse!

Per non rimandare